Quantunque la città dello Stretto
possa vantare un'antica tradizione culturale e
d'insegnamento legata all'esistenza, sul finire del
XIII secolo di una scuola di diritto e, nel secolo
XV, di una rinomata scuola di greco, la locale
Studiorum Universitas è formalmente istituita dal
Pontefice Paolo III nel novembre 1548. Il regolare
funzionamento dell'Ateneo è però paralizzato dalle
controversie nel frattempo sorte con i gesuiti, ai
quali non si vuole lasciare il controllo
dell'istituzione, nonché con la vicina Catania, che
rivendica il monopolio sugli studi universitari
nell'isola. E' così che solo
nel 1596 essa può concretamente iniziare le sue
attività. E' l'inizio di una breve quanto intensa
esistenza conclusasi nel 1678, quando l'Ateneo è
chiuso in seguito alla rivolta antispagnola. Durante
questi anni l'Università messinese, che appare
organicamente legata alla città, costituendone
l'espressione politico-culturale più
rappresentativa, tocca livelli assai prestigiosi,
annoverando fra i suoi professori Giovanni Alfonso
Borelli, Pietro Castelli, Giovan Battista Cortesi,
Carlo Fracassati, Giacomo Gallo, Mario Giurba,
Marcello Malpighi, Francesco Maurolico. Dopo un
lungo periodo di silenzio, durante il quale gli
studi superiori venivano impartiti nella locale
Accademia Carolina, l'Ateneo è rifondato nel 1838
dal re Ferdinando II.
Nel 1847, in seguito alla sollevazione antiborbonica
della città, esso viene ancora una volta chiuso, per
essere riaperto due anni dopo, ma con la limitazione
di non potere immatricolare studenti calabresi o
provenienti da altre province siciliane. Un
provvedimento assai grave se si tiene conto della
composizione dell'utenza studentesca dell'Ateneo.
Nel 1862 l'Università di Messina subisce il
declassamento ad Ateneo di seconda classe e, solo
grazie ad una convenzione promossa dalla Provincia,
dal Comune e dalla Camera di Commercio ed Arti, nel
1885 può assumere la qualifica di "pareggiata di I°
grado". Gli studenti, in buona parte provenienti
dalla vicina Calabria, non sono molto numerosi e
negli anni dal 1890 al 1908 si ha una media di
iscritti che oscilla fra le 650 e le
700 unità. Nell'Università sono presenti
numerosi illustri maestri quali Pietro Bonfante,
Leonardo Coviello, Vittorio Martinetti, Vittorio
Emanuele Orlando, Giovanni Pascoli, Gaetano
Salvemini, pur se, come annota un autorevole e
imparziale osservatore, parecchi di loro "sentono
ardente desiderio di abbandonare al più presto
questo Ateneo, ove ogni proficuo e serio lavoro
scientifico è reso molto difficile" per mancanza di
mezzi e attrezzature. Il sisma del 1908 fa
precipitare la situazione. Sotto le macerie restano
ben 14 dei 49 professori, mentre le biblioteche e le
attrezzature scientifiche sono in gran parte
distrutte. Un'occasione che ad alcuni sembra
opportuna per sopprimere l'Università peloritana,
ritenuta inutile e antieconomica, e istituire al suo
posto scuole superiori professionali o di commercio.
Il dibattito è assai vivace e si protrae anche dopo
l'ottobre del 1909, quando è riaperta la Facoltà di
Giurisprudenza.
La ripresa è rapida e il Rettore Giovanni Maria
Rizzo, inaugurando l'anno accademico 1911-12, può
comunicare con "ragione di compiacimento e di
legittimo orgoglio" che, nonostante la precarietà
delle strutture, i corsi sono regolari e risultano
immatricolati ben 219 studenti di cui 190 a
Giurisprudenza e 29 a Lettere. Nel 1914/15 si
riaprono, non senza polemiche, i bienni delle
Facoltà di Scienze, Farmacia e Medicina. Nel
1919/20, grazie a un intervento delle istituzioni
locali, che deliberano la costituzione di un
consorzio per la gestione dell'Ospedale Civico in
cui trovano sede provvisoria le cliniche, anche
Medicina può completare i suoi corsi. A questa data
l'Università di Messina, con 1221 studenti,
di cui 508 originari del capoluogo della provincia e
713 provenienti dalle altre province siciliane e
dalla Calabria, dimostra di avere recuperato la sua
vitalità riproponendosi decisamente come l'Ateneo
dell'area dello Stretto. Tocca al Rettore Rizzo, nel
1922, l'incombenza di scongiurare la ventilata
fusione delle Università di Messina e Catania
prospettata dal regime fascista. Ma ormai le
strutture dell'Ateneo peloritano appaiono
consolidate e l'istituzione si avvia a ricoprire un
ruolo non secondario nelle vicende culturali del
Paese, riuscendo anche a superare felicemente, con i
rettorati di Gaetano Martino e Salvatore Pugliatti,
il difficile momento della
ricostruzione postbellica.
a cura del Dipartimento di Storia e
Comparazione degli Ordinamenti Giuridici e Politici
dell'Università di Messina.
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